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giovedì 10 dicembre 2009

E brava Alessandra!

Contro il giornalismo che si nutre di insinuazioni e il maschilismo strisciante, uno "strappo" contro la deriva. Dopo il fango, lo sfogo. E sfogo sacrosanto, peraltro. Alessandra Mussolini non ci sta a finire nel tritacarne di Feltri (ormai, tra l’altro, autoproclamatosi uno dei tanti San Pietro del Popolo della libertà, custode delle chiavi delle Porte del Partito Unico) e piomba inaspettata a Pomeriggio 5, in cui si parlava di lei e dello scandalo (montato, appunto, dal Giornale) sul presunto video hard che la riguarderebbe. Un blitz in compagnia dell’amica, e deputata del Pd, Paola Concia. La rabbia, le lacrime, e la lettura di un articolo di Sgarbi apparso sul Giornale («scopata privata», «coerenza politico-erotica», tra le parole usate dall’autore, che si chiedeva, in sostanza, di cosa mai si lamentasse la mussolini…). Poi, una copia del Giornale strappata, buttata a terra e calpestata. Così, tanto per rendere chiaro il concetto. E non nascondiamocelo: questo sfogo ci è piaciuto. Ci è piaciuto perché è un gesto forte e necessario, a suo modo anche “violento”, contro una degenerazione “violenta” del giornalismo italiano e, purtroppo, di gran parte della società italiana. Uno scivolo, quello del gossip e della morbosità, che pare non avere freni. Ormai il “diritto di cronaca” è troppo spesso ridotto a una scusa per colpire le persone nel privato, per “metterle alla berlina” (per usare le parole della mussolini) su basi quantomeno fragili – e qui, in questo caso, si trattava, pare, delle dichiarazioni di un mitomane – provando a distogliere, scientemente, l’attenzione di un intero paese dal merito delle cose, dai fatti, dalle notizie vere. Sembra ormai un’abitudine irreversibile. E che lo facciano giornali di destra o di sinistra, poco importa: la deriva è diffusa. Calpestare Il Giornale è stato un atto di “mancanza di rispetto per la libertà di stampa”, ha detto qualcuno. Un’accusa che lascia il tempo che trova. Perché se mancanza di rispetto c’è stata, beh, è in quello che si è scritto, e soprattutto in come si è scritto e in come si è commentato. E anche nel modo in cui viene usato. Per non parlare del contesto costruito attorno alla presunta notizia: uno sfondo torbido e opaco, su cui si muovono, immancabili, le ombre del “ricatto”. Ma, soprattutto, a colpire è la sottesa mancanza di rispetto per le donne. Strisciante e velenosa. «Lo faccio come donna, come madre e come moglie», diceva la Mussolini stracciando Il Giornale in mille pezzi. E ha fatto bene. Perché il maschilismo è un vizio nazionale che resiste nei secoli. E serve per davvero una “battaglia per la dignità delle donne”, come hanno gridato le due parlamentari in televisione. Una battaglia bipartisan, s’intende. Perché è una sfida culturale, da non delegare allo scontro politico, miope e quotidiano. Sì, «basta con la politica!», s’è sfogata la mussolini. Qui non c’entra. Qui c’entrano la dignità, il rispetto, il pudore. E c’entra anche un modo sano di fare giornalismo. C’entra quella “civiltà” che stiamo, spanna a spanna, perdendo. «Basta, basta, basta!», ha urlato a Canale 5. E brava Alessandra. di Federico Brusadelli pubblicato il 3 dicembre 2009 su www.ffwebmagazine.it

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